Dall’Omelia di S.E.R. Mons. Giuseppe Giuliano,
Vescovo di Lucera-Troia
Mentre nella Città eterna, Roma, centro imperiale di allora e di sempre, si decidono le sorti del mondo, allora con le legioni che mantennero la pace usando, con abbondanza, la spada, ed oggi con gli artifici finanziari che rendono i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Mentre nella Città santa, Gerusalemme, i potenti di allora, i Sommi Sacerdoti che si spartiscono con Erode il re fantoccio il loro ridicolo potere, e i potenti di oggi blaterano non disinteressato interesse per il popolo in balia della paura, della miseria e della epidemia. In una piccola città dell’Israele di ieri e di sempre, nasce un Bambino che basta da solo a cambiare decisamente le sorti del mondo e della storia.
«Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,10-12).
Imitando i pastori, anche noi andiamo a Betlemme, la più piccola delle Città di ieri e di sempre, segno “del piccolo e dello scartato” dal mondo, ma anche di quello che è prediletto da Dio. Lì Maria dà alla luce il Bambino, in un rifugio di animali, «perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7).
Natale è festa universale, credenti e non credenti ne avvertono il fascino. E quest’anno ancor di più. I cristiani, però, sanno che Natale dice un avvenimento decisivo e permanente che Dio, nella sua infinita bontà, ha realizzato nel mondo e per il mondo.
Il Natale non va confuso con l’effimero imperante o con il sentimentale deludente. E neppure con il consumismo che ha ridotto il Natale a baccano esteriore, a regali e ad “auguri” ma lo ha impoverito di fede, ed anche di umanità.
«Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14).
Questa è la realtà più vera del Natale.
Natale è infatti invito a considerare la vita umana nella drammaticità del suo dipanarsi, compresa l’esperienza del peccato, ma anche l’esperienza tutta squisitamente personale della perenne ricerca della salvezza.
Natale è celebrazione della bontà di Dio, che ci dona la luce della verità e la sua amicizia che è redenzione e vita. Natale ci avverte che tutto è dono, tutto è pura grazia. Così, la semplice ed essenziale realtà del Natale rinnova i cuori e le menti, liberandole dallo scoraggiamento e dal pessimismo, dallo smarrimento e dall’inquietudine.
Il Natale si vive nella ritrovata consapevolezza che il Bambino di Betlemme è il Dio con noi, l’Emmanuele, Dio fattosi uomo, nella povertà e nel nascondimento, nella fragilità e nella vulnerabilità.
«Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’Apostolo: il Figlio di Dio “mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me” (Gal 2, 20). Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l’esempio perché seguiamo le sue orme ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato. Il cristiano poi, reso conforme all’immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve “le primizie dello Spirito” (Rm 8, 23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore» (Gaudium et spes, 22).
Gesù, uno di noi; Dio con noi, Dio per noi: in questo evento di salvezza c’è la sorgente della speranza e del coraggio, il riscatto delle sconfitte e dei fallimenti.
Dio non ci ha guardato da lontano, non ci è passato accanto con indifferenza, non ha avuto disgusto della nostra miseria e del nostro peccato, ha assunto la condizione umana, ha preso tutto ciò che l’uomo è, così come l’essere umano è e lo ha reso partecipe del suo amore infinito.
Natale è, dunque, festa dell’amore fattosi “carne pulsante” in Gesù Cristo, l’amore che dà consistenza e senso all’esistenza umana e alla storia intera.
Con gli “occhi del cuore” conquistato dall’amore guardiamo, in silenzio, il presepe, perché si accresca in noi lo stupore per le meraviglie di Dio.
E tra le meraviglie di Dio ci sono due realtà tanto comuni da non attirare una particolare attenzione, ma decisive per le sorti stesse dell’umanità.
Penso innanzitutto al miracolo della vita terrena che si rinnova ogni giorno dal concepimento alla sua naturale conclusione.
E penso anche al vero e proprio miracolo della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, cellula base per la società e per la Chiesa.
Chiediamo, allora, il senso dell’incanto per accogliere il Signore e, come ci ripete di continuo il Papa, cogliere i segni della sua tenerezza. In realtà, questo è il dono che Dio, oggi come sempre, ci offre donandoci se stesso: il dono della tenerezza perché l’uomo sia più uomo, perché ciascuno di noi sia più umano.
Auguri. Buon Natale!
Servizio fotografico
a cura dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali