I crocifissi delle nostre chiese sono delle vere e proprie opere d’arte. E, ancor di più, un potente richiamo alle afflizioni del mondo, alle sofferenze fisiche di tanti malati, ed anche al dolore morale che ci procuriamo a vicenda.
Il Crocifisso ci svela, plasticamente, realtà a noi vicine, spesso rimosse, anzi quasi brutalmente nascoste.
Il denaro e il potere, idoli sempre imperanti, non hanno molta possibilità di affermarsi dinanzi al Nazareno che pende dalla croce. Il Crocifisso non permette distrazioni né evasioni personali o collettive, cattura con il richiamo piagato alle crudezze dell’esistenza umana. Eppure non riesce a dire alcunché di morte.
Dinanzi all’immagine del Dio crocifisso scorrono i fallimenti umani, e sono tanti, mai però la desolazione della totale sconfitta della vita. Perché il Crocifisso parla di vita e della realtà della vita, è vita.
Quei segni di dolore sono la voce dei senza voce, sono le nostre sofferenze, sono le ferite dell’umanità, le fragilità e la provvisorietà del mondo.
Il Crocifisso ci mostra il dolore dell’umanità assunto dal dolore del Figlio dell’Uomo ed anche la possibilità di riscatto e di senso che dalla Croce emana “prepotente”. La Croce infatti, da quando vi è salito il Galileo, parla di vittoria, è attestazione di vita e di pienezza della vita nell’amore che si dona.
È bene, allora, soffermarsi dinanzi all’immagine del Dio crocifisso. In diocesi ne abbiamo tante e due particolarmente “loquaci”: il Crocifisso della Concattedrale di Troia e quello della Cattedrale di Lucera.
Fermarsi per guardare in silenzio o meglio, sempre in silenzio, per “lasciarsi guardare”, lasciarsi cioè raggiungere da quel Volto percosso ma non sconfitto, da quella Carne lacerata ma non intaccata dalla corruzione, da quel Corpo imbrattato di sangue ma non anemico di vita.
Dal silenzio del Crocifisso emergono parole dolci e potenti, parole di consolazione e di conversione, messaggi fortissimi di Vangelo, annuncio di fraternità e di speranza. Attestazione della vita di Dio a noi donata perché la nostra vita non conosca morte.
Buona Pasqua!
+ Giuseppe Giuliano,
vescovo di Lucera-Troia