ACCOGLIENZA IN PIAZZA TRIBUNALI
Ora che sono venuto fra voi, fratelli e sorelle carissimi, desidero presentarmi a voi ed annunciarvi il mistero di Dio, non con una parola sapiente né con una retorica convincente. In mezzo a voi, io non so altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso per amore, e risorto nell’amore. Mi presento a voi, dunque, in debolezza, con timore e trepidazione. E la mia parola, meglio la mia presenza in mezzo a voi, negli anni che la provvidenza mi concede di restare non si baserà su discorsi persuasivi di sapienza umana, ma cercherà di non soffocare l’azione dello Spirito Santo che si manifesta in voi ed agisce con potenza nel cuore degli uomini e delle donne di questa terra illustre e benedetta (cf 1Cor 2, 1 – 5).
Parafrasando il passaggio del discorso di Paolo ai Corinti che tra poco ascolteremo nella Celebrazione eucaristica in Cattedrale, mi rivolgo a voi, fratelli e figli carissimi. E saluto tutti e ciascuno con la cordialità della vera amicizia.
Nel nome del Signore vengo a voi. In amicitia Jesu Chrisi vengo tra voi.
Perché la mia forza si fonda esclusivamente su questa amicizia e la mia autorevolezza sarà tale nella misura in cui manifesterà la bellezza e il vigore di questa amicizia.
In amicitia Jesu Christi, saluto le Autorità presenti, a cominciare dal Sindaco di questa antica e bella Città capoluogo, continuando poi con quello di Troia e con tutti i Sindaci e gli Amministratori presenti.
Vorrei, uomini e donne impegnati nella Res publica, subito dichiarare la mia disponibilità ad un dialogo rispettoso e sereno, ma anche concreto con voi. Un dialogo che continuerà con il ricambiare la vostra cortesia con una visita alle rispettive Case comunali, nei modi e nei tempi che insieme concorderemo. Vorrei ascoltare da voi il racconto delle potenzialità e delle criticità di questa nostra terra ed anche dell’apporto che la Società civile si attende dalla Comunità ecclesiale.
Per me, anzi per noi Chiesa di Dio che vive in questo territorio, le parole persona umana e bene comune, legalità e giustizia, formazione ed educazione, pace e solidarietà, malato e anziano, speranza e ragazzi, giovani e lavoro, … Ecco, per la Comunità cristiana queste parole hanno un senso, sono ricche di contenuto e di promessa e chiedono di essere vissute.
In tale ottica vorrei sostenere ed incoraggiare il mandato democratico da ciascuno di voi ricevuto. Ben trovati, dunque. Per quello che posso, la mia attenzione e la mia cura saranno sempre attive per voi, pubbliche Autorità, e per quelli che voi rappresentate.
Il cammino – e tra poco faremo esperienza di un tratto di cammino – è immagine paradigmatica della vita cristiana intesa come sequela di Gesù.
La vita cristiana non consiste nel perdersi in un faccia a faccia che chiude fino a soffocare. È piuttosto un cammino, difficile e faticoso perché sempre in salita, ma cammino arioso di vita e di crescita nella vita.
La vita cristiana è cammino fatto insieme, è cammino in un orizzonte comune verso la meta comune di beatitudine e di pace. Cammino come sintesi vitale di distanza e di intimità, di rispetto e di comunione, di bisogno dell’altro e di dono di sé all’altro. La vita cristiana è cammino vissuto in amicizia, un cammino vissuto come amicizia. E in amicitia Jesu Christi. Un’amicizia cioè che sa essere immagine, pallida ma eloquente, dell’amicizia originaria ed originante, santa e perfetta di Dio Trinità.
Nella persona di Gesù si realizza quella purissima amicizia, che per noi è possibile solo se lui è presente nel cuore e nella vita nostra, se lui è presente nel cuore e nella vita della Chiesa. Vogliamo, dunque, camminare insieme. Insieme a lui, Signore e fratello, insieme alle sorelle e ai fratelli che lui ci dona lungo il dipanarsi dell’esistenza.
Vogliamo camminare insieme secondo la dinamica dell’incarnazione del Verbo, che da ricco si è fatto povero, che vero Dio si è fatto vero uomo tra gli uomini di tutti i tempi della storia.
Vogliamo camminare insieme secondo le modalità oblative della redenzione operata dal Signore Gesù che con la sua croce e la sua risurrezione ci insegna la strade dell’amore che permette al cuore di gioire e alla mente di sperare.
Vogliamo camminare come Chiesa santa di Dio, popolo della nuova ed eterna alleanza che procede lungo le strade di questo mondo verso la piena manifestazione del Regno nell’altro mondo.
Vogliamo camminare insieme ai tanti uomini e alle tante donne di buona volontà. Ed anche con chi ha sotterrato questa volontà di bene sotto la sabbia del cinismo e dell’indifferenza. O si è impantanato nel terreno vischioso della delusione e della disperazione, oppure si crogiola nel fango del proprio male e del proprio peccato.
Vogliamo camminare insieme, mossi dalla compassione di Dio per noi e perciò impegnanti a consolare con quella divina compassione i cuori affranti ed umiliati che palpitano in mezzo a noi, ed anche le ferite e le sofferenze che si consumano accanto a noi.
Vogliamo camminare insieme, senza attardarci negli angoli noiosi del si è sempre fatto così, o nelle apparenze della superficialità e neppure nelle piazzole della pigrizia.
Vogliamo camminare insieme senza cadere nella trappola del clericalismo farisaico o in quella della superbia dei luoghi chiusi.
Vogliamo camminare insieme, quali figli di Dio, mossi dallo Spirito Santo, disponibili a rivedere il già fatto e a fare un passo innanzi nell’orizzonte sempre nuovo del Vangelo.
Vogliamo camminare insieme senza la paura dei paradossi della storia. Assumiamo perciò il tempo, il nostro tempo, ma nella luce beatifica dell’eternità. Pratichiamo la giustizia insaporita e dilatata dalla pace senza conteggiare meschinamente il bene e la misericordia. Cresciamo nella nostra fede, senza paura del dialogo tra gli uomini di culture e religioni diverse. Coltiviamo con perseveranza la preghiera quale fondamento di un’esistenza veramente cristiana, prendendo cioè sul serio sia la preghiera che la vita cristiana.
Vogliamo camminare insieme e mostrare – per quanto le nostre miserie ce lo consentono – il volto di una Chiesa giovane e bella, condividendo la testimonianza di Cristo Gesù, servendo con gioia la bella notizia del Vangelo e la gioia degli uomini e delle donne di oggi.
Vogliamo camminare insieme.
Allora, coraggio e … avviamoci in pace!
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OMELIA
Qualche giorno fa abbiamo contemplato Cristo luce delle genti e con le candele accese siamo andati incontro al Signore che viene nella nostra vita ogni giorno per dare vita e salvezza a noi e al mondo intero. Nel freddo dell’inverno la luce, che illumina e riscalda, è richiamo di Cristo luce divina che illumina e riscalda.
La candelora ci ha detto che la stagione cristiana non è propriamente quella dell’inverno con i suoi rigori, ma è piuttosto la primavera con i profumi e i colori propri della vita.
La candelora ci conduce, quasi per mano, alla giornata per la vita che, in comunione con la Chiesa italiana, ci apprestiamo a celebrare. Siamo così invitati ad accogliere sempre la vita umana e a difenderla da ogni tentativo di offesa.
In questo orizzonte ci poniamo per ascoltare la Parola di Dio che la Chiesa ci offre in questa quinta domenica del tempo ordinario.
Il Vangelo proclamato presenta tre immagini per descrivere le caratteristiche del discepolo di Gesù, ed anche le caratteristiche della Chiesa, comunità dei discepoli del Signore.
Le tre immagini: la luce e la lampada, il sale, la città sul monte.
Ci veniamo così a trovare dinanzi ad una delle più belle descrizioni del mistero di Dio: Dio è luce!
Ed anche ad una delle più belle descrizioni del mistero dell’uomo: anche noi siamo luce!
Che Dio sia luce del mondo, in fondo, non dovrebbe far problema. Ma che anche l’uomo è luce, che io e tu e noi, con tutti i nostri limiti e le nostre ombre, siamo luce ci sorprende e ci spiazza. A detta poi del Vangelo, che noi siamo luce riguarda il nostro presente, l’oggi della storia proiettato verso il futuro di Dio.
Voi siete luce, dunque.
E lo siete già: la luce non è un dovere, un qualcosa che si deve fare, la luce di cui parla Gesù è la condizione naturale di chi viene dal respiro infinito di Dio, di chi ha respirato Dio. All’ombra del nostro Dio, con Dio in cuore, siamo luce da luce, come Gesù che è Dio da Dio e luce da luce.
Il Signore sta parlando di noi a noi stessi e ci dice di non fermarci alle apparenze, ci dice di cercare in profondità, per trovare nell’intimo di noi stessi la lucerna da lui stesso accesa, ed anche la manciata di sale da lui stesso deposta. Per pura grazia.
Voi siete la luce del mondo. Voi siete il sale della terra.
Quando gliio e i tu s’incontrano generano ilnoi. È il noi della famiglia in cui ci si vuol bene, è il noi del gruppo in cui si fa a gara nello stimarsi a vicenda, è il noi della comunità in cui ci si accoglie vicendevolmente e vicendevolmente ci si accompagna nel cammino dei giorni.
È il noi dello spezzare il pane, del sostenere il debole, dell’ospitare lo straniero e del vestire chi è nudo. È il noi di chi non distoglie gli occhi dalle miserie altrui.
È il noi di chi si occupa della propria gente e della propria città, di chi trova guarigione alle proprie ferite nel guarire le altrui ferite. È ilnoi del popolo nel quale si cammina insieme, senza fughe in avanti, né pigrizie.
Voi siete la luce del mondo, dunque.
Collegata a quella della luce c’è l’immagine della lampada.
La lampada viene accesa per far vedere, e non per essere vista: se infatti si guarda direttamente alla fonte lucente l’occhio resta abbagliato per eccesso di luminosità.
Come la luce non si sforza di essere luce, così i cristiani. È naturale – della natura della grazia – che il discepolo brilli della luce che è Cristo Gesù, è naturale che il popolo di Dio brilli della luce del Vangelo che lo fa essere luce in mezzo agli altri popoli attraverso le opere di luce dei suoi figli.
Le opere della luce sono quelle dettate dalle beatitudini evangeliche, che l’evangelista Matteo riporta proprio prima del brano di oggi: si tratta della scelta felice della semplicità e della povertà, della mitezza e della purezza di cuore, della giustizia e della generosità della vita, dell’orientamento sicuro verso la meta finale della beata eternità di Dio.
Le opere della luce sono quelle indicate dal brano profetico letto oggi come prima lettura: spezzare il pane con chi ha fame, aprire le porte della casa allo straniero, vestire chi è nudo, non distogliere gli occhi dalle sofferenze della gente in mezzo alla quale si vive.
Le opere della luce sono quelle che servono la vita e la fioritura della vita.
Le opere della luce sono quelle suggerite dall’amore: dove ci si vuol bene viene accesa la luce del Vangelo, dove ci si vuol bene viene sparso il sale che dà sapore buono alla vita. Così si insaporisce di cielo la terra.
Voi siete il sale della terra.
La simbologia legata al sale è molteplice: il sale è impiegato per vari usi. Tra gli altri c’è quello di insaporire i cibi.
Il sale dà gusto ai cibi, ma se è assunto in modo diretto dà fastidio, è immangiabile e rende il cibo disgustoso. Il sale dà sapore nella misura in cui si disperde, si scioglie nei cibi secondo una proporzione da rispettare. Il sale raggiunge il suo scopo quando si gusta il cibo in cui è sciolto. Secondo modalità sagge ed equilibrate, secondo la prudenza che è la virtù degli uomini veri e completi, quelli che sanno e vogliono il massimo bene possibile. Il massimo bene possibile: perché troppo sale disturba, poco sale il più delle volte è inutile.
Voi, dunque, siete il sale che si scioglie nella massa del mondo. Voi siete il sale che dà sapore alla massa dell’umanità.
Un sale che non sala è quello che si raggruma in se stesso e non si disperde né si mescola con altro da sé: il sale insipido è quello che ha voluto salvaguardare se stesso, non si è sciolto nel dono agli altri.
Voi siete sale della terra, voi siete luce del mondo.
La metafora evangelica richiama lo stile evangelico di presenza tra gli altri. I cristiani sono sale e luce nella misura in cui partecipano alla vita degli altri, fino a renderla gustosa sciogliendosi in essa. Anzi proprio con lo sciogliersi nella vita altrui, si diventa sale e luce, cioè uomini e donne saporosi di vita e luminosi di Vangelo.
La terza immagine evangelica è la città costruita sul monte. Si parla qui della Chiesa, ma anche del mondo.
Il mondo di oggi va accettato con atteggiamento positivo per poi cercare di cambiarlo alla luce del progetto di Dio su di esso.
Sarà la fedeltà al Vangelo a renderci capaci di parlare del Dio di Gesù Cristo all’uomo di oggi, a farci trovare strade nuove per la missione e a gettare ponti anche verso ambienti ritenuti irraggiungibili.
Una cosa è certa: non possiamo restare fermi ed inerti per paura di sbagliare. L’errore più grande è quello di rinunciare all’azione missionaria propria della Chiesa per il timore di commettere errori.
E la missione della Chiesa si esplicita non nel proselitismo che può giungere perfino ad ammazzare in nome di Dio, ma nella testimonianza che rende ragione della fede con le pacifiche armi della speranza e dell’amore.
La Chiesa si presenta dunque come la città santa in cui si vivono relazioni vere con il promuovere un’autentica cultura dell’incontro, aiutando innanzitutto le persone ad incontrare Gesù Cristo e a favorire quindi relazioni interpersonali libere e liberanti.
La vicinanza e la condivisione fanno bene a tutti, mentre la distanza e la rivalità fanno ammalare tutti di asfissia. Il terrorismo delle chiacchiere, la pratica della mormorazione, la competizione portata al parossismo sono dei vizi subdoli, il più delle volte nascosti nella viltà dell’anonimato.
Non ci si può richiamare al Vangelo ed essere, al contempo, chiusi alle opere del Vangelo tra gli uomini. Fede e chiusura sono termini che si escludono a vicenda. Una Chiesa chiusa in se stessa si ammala per mancanza d’aria. Nei nostri ambienti si deve poter respirare l’aria pulita e montana del Vangelo.
In amicitia Jesu Christi. L’amicizia di Gesù Cristo, in fondo, è lo Spirito Santo, che è Spirito di luce e di vita, Spirito di verità e di pace, Spirito di giustizia e di misericordia. È lui l’aria pura che ringiovanisce continuamente la Chiesa. È lui il vero Dono divino che la rafforza con i suoi santi ed innumerevoli doni.
La Chiesa vuole lasciarsi guidare da Lui. Docilmente e fiduciosamente la nostra Chiesa affonda le radici non “su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio” (2Cor 2, 4 – 5).
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AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
Un grazie sincero e cordiale.
Al Signore che, con la sua sapienza e la sua provvidenza, mi ha condotto
tra questa gente che ora è la mia gente,
in questa terra che ora è la mia terra,
in questa Chiesa che ora è davvero la mia Chiesa.
Sia benedetto il Signore!
All’eminentissimo cardinale De Giorgi a cui mi lega il ricordo della mia chiamata romana in Azione Cattolica, agli eccellentissimi Vescovi presenti tra cui monsignor Marino, don Franco, che, quale successore di san Paolino sulla Cattedra nolana e amico di antica data, ha voluto accompagnarmi, manifestandomi così la sua fraternità e, insieme, la maternità della Chiesa di Nola.
Al clero di questa bella Chiesa di Lucera-Troia, con la menzione doverosa e fraterna di don Ciro Fanelli che generosamente si è sobbarcato la fatica di questi interminabili mesi di sede vacante: grazie, don Ciro!
Ai Sindaci e agli Amministratori locali, regionali e nazionali dico il mio intendimento di continuare la bella tradizione di ascolto e di conforto, di impegno e di collaborazione per il bene degli uomini e della donne di questo territorio.
Un saluto specialissimo ai miei predecessori:
a monsignor Domenico Cornacchia
a monsignor Francesco Zerrillo
a monsignor Raffaele Castielli
Vorrei manifestare loro la gratitudine della nostra Chiesa per il lavoro apostolico in essa svolto. Ed affidarli al Signore che con l’abbondanza delle sue benedizioni non lascia senza ricompense i suoi servi fedeli.
Al nome dei miei carissimi predecessori desidero aggiungere anche quello di monsignor Michele Di Ruberto che da Roma segue con partecipazione ed attenzione la vita della diocesi.
Grazie comunque a tutti e a ciascuno: per ciascuno e per questa santa Chiesa di Lucera Troia ho celebrato la divina Eucaristia, presentando tutti al Signore perché sia lui a ricompensare tanta cortesia e tanta bontà.
Nella Bolla di nomina il Santo Padre mi ha indicato alcune priorità che, senza trascurare altro ed altri, impegnano la mia attenzione: si tratta della famiglia, dei giovani, dell’apostolato dei laici.
Intendo onorare cordialmente le indicazioni del Papa.
Per cui sono già ben abbozzate le tracce del lavoro dei prossimi anni. Vedremo insieme come potenziare questi ambiti pastorali che, nella nostra diocesi, già vengono curati con ammirevole dedizione.
Vogliamo così affidarci alla vergine santa, Maria, madre e sorella nostra, vera Patrona della nostra Città e della nostra Diocesi. Sia lei
a guidare i nostri passi,
a custodire i nostri cuori,
ad illuminare le nostre menti,
a preservare le nostre labbra,
a educare i nostri affetti,
a consolare i nostri insuccessi,
a condividere le nostre gioie,
Ave, Maria, …
+Giuseppe Giuliano
Vescovo di Lucera-Troia