Si terrà domani 28 dicembre alle ore 19.30 presso la chiesa di San Leonardo il recital “la Rapresentazione quando la nostra donna vergine Maria fu annunziata dall’angelo Gabriello” a cura della Società Multipla Belcari con interventi musicali e canori della Corale di S. Cecilia – don Edoardo Di Giovine, in collaborazione con l’Arciconfraternita San Giacomo Maggiore Apostolo.
Di seguito il testo teatrale spiegato dal regista, Raffaele Manna:
Ci arriva come un’astronave dal passato questo testo di Feo Belcari, poeta minore del Quattrocento fiorentino. Fu rappresentato la prima volta in San Felice in Piazza il 25 Marzo del 1471 con la solennità che gli spettava quando il computo dell’anno a Firenze era propriamente ab Annuntiatione.
Il linguaggio in versi in ottava rima dalla costruzione a volte contorta e la forma drammatica di intrattenimento a scopo edificatorio furono i motivi di una nostra iniziale diffidenza. In seguito è prevalso il proposito di farne materia per una struttura spettacolare che sorprendesse gli spettatori di oggi riproponendo l’uso medievale dello spazio sacro con lo svolgimento dell’azione drammatica non di fronte, ma tutt’intorno ad essi, procurando l’effetto di un accentuato coinvolgimento. E così nella nostra soluzione gli astanti si trovano al centro della celeste disputa tra i gruppi degli Angeli, delle Virtù, dei Profeti e delle Sibille, che vede contrapposti i principi della Misericordia e della Pace (che vorrebbero l’uomo graziato della condanna eterna) a quelli severi, anch’essi divini e irrinunciabili, della Verità e della Giustizia.
I personaggi (a cui abbiamo evitato prevedibili tonache e camicioni) li abbiamo visti come viaggiatori colti nel momento di una temporanea sosta del loro lungo viaggio per le fredde regioni siderali alla ricerca di un individuo capace di scaldare di nuova Speranza il cuore di un universo rimasto buio e deserto. In abiti bell’epoque, incappottati e con valigie, appaiono volutamente fuori moda, ma ancora riconoscibili come simili a sé dallo spettatore odierno.
E pure fuori moda ma (proprio per questo) affascinante ci è parsa infine la lingua di Belcari paragonata da Pietro Giordani in lettere a Cesari e a Leopardi ad un arancio in gennaio, un frutto del Trecento nel Quattrocento di uno scrittor purissimo e di utilissima semplicità.
Certo, il contenuto del testo è evidentemente limitato da un sentimento religioso devoto sì, ma troppo semplice, chiuso e stantio, di già superato alla sua stessa epoca dagli spiriti più avanzati dell’Umanesimo che proprio dalla Firenze di allora dirompeva per informare l’Europa e il mondo a un nuovo pensiero critico e laico per una riscoperta dignità dell’individuo. Di qui la nostra risoluzione di integrare i versi di Belcari con un famoso passo dall’Horatio de hominis dignitate in sintonia col sentire religioso moderno, e di fare di Pico della Mirandola uno dei personaggi della nostra rielaborazione scenica. Può la libertà di scelta dell’uomo coesistere col disegno divino? E la misericordia può darsi insieme alla giustizia e alla verità?
Alla conclusione della Rapresentazione è l’intervento divino a conciliare gli opposti e a risolvere le contraddizioni. Una riflessione sul mistero di un Dio che entra nella storia degli uomini non tra squarci tremendi di nuvole e tra schiere di angeli guerrieri, non annunciato da trombe squillanti, ma che si dispone all’umile e doloroso sacrificio di sé per una offerta del Bene a tutti e a ognuno.